SENEGAL, GUINEA, SIERRA LEONE, BURKINA-FASO

Viaggio tecnico molto piacevole, con la finalità di trasferire il nostro Toyota da Dakar a Ouagadougou, passando dalla Sierra Leone per ritrovare Chiara e gli amici di Emergency.
Il testo è curato da Paola, le foto sono Andrea, fatte in digitale con Canon Powershot G5 ad eccezione di tre foto fatte con grandangolare 15mm Voigtlander in una situazione estrema…
Domenica 8 febbraio: trasferimento Bologna-Parigi-Dakar.
Lunedì 9 febbraio: passato in famiglia tra amici a Dakar… Per molto tempo non ci vedremo più dato che abbiamo deciso di lasciare il Senegal per nuovi orizzonti: il nuovo punto di partenza per i prossimi viaggi sarà Ouagadougou, in Burkina-Faso.
Martedì 10 febbraio: Dopo aver trascorso la notte all’Hotel Le Calao (Dakar) di buon mattino partiamo per far equilibrare le gomme sulla Route de Rufisque. Abbiamo anche l’appuntamento con Lazare, verso le 10,30 all’incrocio di Keur Massar. Il traffico è pazzesco e dobbiamo avvisarlo telefonicamente del nostro ritardo.
Lo incontriamo a Rufisque e sale con noi per un tratto di strada. Ci sono lavori in corso a Diamniadjo per cui in realtà siamo su una pista di laterite. Diamo a Lazare i due telefonini portati dall’Italia, uno per lui e uno per Damien che ora sta in missione in Congo.
In auto Lazare ci spiega tutte le sue difficoltà finanziarie dovute alla scarsa retribuzione della Gendarmeria, pur tenendo conto dei rischi cui è soggetta. Ci racconta che ha sventato un furto allo stadio di Dakar e che questo gli è costato una ferita alla mano che si è procurato nella colluttazione col ladro. Tutto questo ci fa supporre che il nostro regalo sarà forse destinato alla vendita per recuperare moneta. Giungiamo a Yene verso le 13,30, giusto per un pranzo succulento da Colette e Claude, i nostri ex vicini di casa. Hanno ospiti, i loro zii ultraottantenni, molto in forma per la verità. Mangiamo con loro sul terrazzo, stupenda vista sull’oceano. Ci separiamo verso le 15 per dare l’addio a Mass e Awa, nostri collaboratori quando avevamo la casa nel villaggio. Nella nostra ex proprietà Mass ci accoglie con calore e un pizzico di malinconia. Il giardino è più che rigoglioso. Le bunganville dopo aver raggiunto una buona altezza si ripiegano su se stesse dando luogo a macchie di colore deliziose. Altre piante e altri fiori sistemati con gusto, danno sfoggio di se in tutta l’area cortiliva. Grande guardiano, che possiede oltre alle doti umane anche un grande pollice verde! Arriva anche Awa e scattiamo alcune foto insieme tra i fiori.
Una certa emozione, un certo “magone” per la consapevolezza di lasciare persone e cose care… Yene è un villaggio pieno di problemi, ma che dimostra sempre di volerci bene. Siamo sicuri di aver lasciato fra la gente un buon ricordo di noi e loro resteranno sempre nei nostri cuori. Anche la casetta di Mass è ordinata, sul tavolino il portaritratti in Silver e la radio che gli avevamo regalato precedentemente, tenuti con cura. Il nuovo padrone è andato a Dakar: speriamo che si comporti bene con loro.
Partiamo così alle 15,30 per Tamba; è tutto asfalto con buche, tranne il tratto Kaolak-Kaffrine. Solo alle 23,30 si arriva all’Hotel Hasta Kebé, siamo stanchissimi. Fredrick ci dicono che non lavora più lì.


Mercoledì 11 febbraio: Andiamo a far spesa dai Mauri, spesa alimentare + cambio
( 100 €= 65.000 CFA). Acquistiamo l’acqua dal grossista e ci avviamo sulla strada di Medina Gonasse. Avendo dimenticato di fare il pieno a Tamba, siamo obbligati a comprare 40 litri di gasolio della brousse sulla strada. Poi, i soliti 60 Km di pista oscena fino alla frontiera con la Guinea. Se non ci mettono le mani quest’estate sarà impossibile percorrere manco un Km giù di lì! Poveri camionisti! Arriviamo a Koundara, verso le 16,30. Alla dogana cerchiamo la nostra amica Awa Camara, anzi andiamo a prenderla a casa con un suo collega, ma lei ci stupisce ancora una volta: si è fatta un bel Suzuki Vitara ( e da quelle parti non è poco…). Sempre molto gentile e simpatica, ci timbra il documento e si riparte. Ancora avanti fino alle 18,30. Cuciniamo la minestrina e ci facciamo un’insalata di pomodori e cipolle. Il clima è ottimo: ci corichiamo alle 21,30 e dormiamo da papi nella brousse.
Giovedì 12 febbraio: Dintorni di Kifaya-Labé. Partiamo verso le 8,30 dai dintorni di Kifaya, l’auto sembra andare abbastanza bene, mentre la pista fa abbastanza schifo. Al Bac di Kounsitel incontriamo un geometra tunisino che sta facendo i rilievi per costruirci un ponte o una nuova strada asfaltata. Verso mezzogiorno l’auto comincia a dare dei problemi e ci troviamo al villaggio di Koumba. C’è un meccanico, Babacar Diallo, che ci impiega tre ore per adattare un filtro del gasolio non originale, quando scopro di averne io uno originale: lui pensa che il problema sia risolto così. Giro di prova nei dintorni: va benissimo. Lo paghiamo una fortuna ( e pensare che potevamo farlo da soli!) e ci salutiamo con foto. Carichiamo una donna che necessita di un passaggio fino al prossimo villaggio, ma dopo 6 o 7 Km l’auto presenta gli stessi problemi. Fa un caldo terribile, del tipo 42° C alle tre del pomeriggio. Io decido di tornare al villaggio e con me la signora guineana. Incrociamo un Taxi e gli spieghiamo il nostro problema. Il tassista risponde che al villaggio di Jambori abita un ottimo meccanico in grado di depennare chiunque. Ne parlo ad Andrea e decidiamo di andare con il taxi pieno di passeggeri a prendere il meccanico a casa. Un’ora e mezzo per andare e altrettanto per tornare: sul Peugeot scassato entra aria bollente… è un assaggio di come viaggiano quelli con lo zaino in spalla…
Il meccanico sale con noi dopo essersi portato 3 o 4 attrezzi del mestiere. Fa già buio quando apre il cofano,ma con il neon portatile in 10 minuti dice di aver risolto tutto. Siamo increduli, infatti a garanzia del suo buon operato, lo facciamo salire con noi affinché facendo la strada fino a Jambori si possa essere sicuri di non restare di nuovo a piedi. E aveva ragione lui, tutto bene al 100%: grande meccanico! Anche il tassista vuole essere ben pagato per le due corse che avrebbe fatto comunque. Discussione di prezzi e buona notte. Proseguiamo fino a Labé sporchi lerci. Notte all’Hotel Tata, dove all’una di notte ci sfornano un’ottima pizza! ( il proprietario è un italiano, infatti).
Venerdì 13 febbraio: Labé-Farmoreya. Colazione con turisti bianchi in albergo. Al cambio nero 150,00 € sono 390.000 FG. Partiamo sull’asfalto per Pita-Dalaba-Mamou. Essendoci dimenticati di fare il pieno, non appena giunti al bivio per Madina Wula ci viene il dubbio di non aver carburante sufficiente per fare il tragitto dentro al parco Outamba Kelimi national Park. Sembrano essere ben 400 Km di pista brutta per giunta !!! Pensiamo dunque di percorrere la strada dell’anno scorso, quella di Coyah-Forecariah e Farmoreya. Arrivati a Formeraya ci dicono che un ponte è crollato per cui dobbiamo prendere una deviazione tipo carraia tra le coltivazioni con conseguente perdita di due ore, per ritrovarci qualche centinaio di metri più in là. Notte nella Brousse vicino alla scuola di un villaggio davanti ad uno spiazzo adibito a campo sportivo.


Sabato 14 febbraio: Farmoreya-Freetown (Godrich)
Di buon mattino il maestro e tutti gli allievi con il direttore vengono a salutarci attratti dall’insolito accampamento di strana gente bianca. L’incontro è cordiale. Regaliamo loro un centinaio di caramelle, ma forse loro sono di più… Molto carini. Un passante in moto, di mezza età, ci domanda se siamo venuti a cercare lavoro qui nelle risaie. Tutti ridono ma io gli rispondo che se prendono mio marito come apprendista sono disposta a ricompensarli lautamente. Foto di gruppo più scambio di indirizzi e saluti. Si riparte. Oggi ci sarà la finale della coppa d’Africa tra Tunisia e Marocco. Facciamo frontiera senza problemi, però i posti di blocco sono numerosissimi, tutti uguali qui in Sierra Leone. Non avendo il lasciapassare per l’auto, perdiamo ancora più tempo. Ce lo fanno sul posto e lo paghiamo meno che all’ambasciata a Conakri. Al cambio nero 100,00 € sono 300.000 Leoni. Verso le 16,30 arriviamo a Godrich dove già il portinaio dell’ospedale di Emergency si ricorda di noi e ci abbraccia calorosamente. La Chiara, cara nipotina, ci fa un’accoglienza fragorosa tanto che tutti gli operatori sanitari escono fuori dai padiglioni per vedere cosa sta succedendo. Lei, pronta, risponde” ecco i miei crazy uncles! Arrivano da Dakar!” Chiara stava per smontare dal turno di lavoro, ancora vestita in blu-verde da sala operatoria, è bella, festosa, raggiante, come non mai. Ceniamo con lei e i suoi collaboratori nella casa di Emergency. Ci ha anche riservato una camera nella sua stessa abitazione. Qui il clima comincia ad essere caldo e umido, ma di notte con l’ausilio del ventilatore si riesce a dormire bene.

Domenica 15 febbraio: La mattina si dorme. Alle 13 andiamo da Franco che ha un’Hotel-Ristorante affacciato su di una spiaggia a dir poco incantevole. Relax totale: prendiamo il sole tutto il giorno con Chiara, l’acqua del mare è tiepida, bel bagno nell’oceano. Grande cena da Franco assieme a Yana, Silvia e Chiara. Aragoste, granchi, barracuda, zuppa di pesce, insomma ogni ben di Dio. Franco si ferma a tavola con noi e ci racconta diversi episodi della sua vita, uno più spassoso dell’altro… è veramente un personaggio!
Nottata di difficoltà per me, per il caldo, dato che il black-out impedisce al ventilatore di aiutarci a respirare. Esco in veranda alle 3: lì va molto meglio. Arriva il driver dell’ospedale a chiamare l’infermiere per una urgenza. Guri, con la sua moto da enduro, tranquillo e disponibile, parte immediatamente volando sulle buche, mentre il driver torna vuoto. Rientra dopo un po’ ed io, ansiosa, gli chiedo quale fosse stata l’emergenza. Un’abitazione in paglia, incendiatasi, aveva procurato vaste ustioni ad un ragazzo in tutto il corpo, compreso il viso; ora era in sala operatoria. Mi dice che si salverà, ma forse resterà cieco… chi dorme più. Tanto dopo poco albeggia e il guardiano comincia a trafficare con l’acqua.

Lunedì 16 febbraio: Freetown- 15 Km prima della frontiera con la Guinea.
Al momento di fare colazione si scopre che in casa mancano contemporaneamente gas, luce ed acqua. Rimediamo la colazione con il nostro fornello da campeggio. Aleggia un po’ di tensione, vuoi perché ci dobbiamo lasciare, vuoi per la nottata calda… Alle 8,30 dopo i saluti, sempre commoventi, partiamo sulla strada della collina di Freetown, che comunque è lunga almeno un’ora e mezza. Poi Waterloo e in direzione di Makeni. Passiamo a salutare Josè a Magburaka che è a 15 min da Makeni. Lavora lì con Medecin Sans
Frontiere. Mentre attraversiamo alcuni reparti dell’ospedale per cercarlo, ci rendiamo conto delle pessime condizioni del Centro: gettata di cemento, anziché pavimenti, odori terribili, nella penombra corpicini malati giacenti su brande fatiscenti. Josè è impegnatissimo, grondante di sudore, nel suo ambulatorio. E’ l’unico medico presente lì. Poveretto! Quanta fatica e in che condizioni svolge questo duro lavoro! Scambiamo due parole veloci sul nostro proseguimento di viaggio e su quello che ha fatto lui l’autunno scorso. A parlare di viaggi gli si illuminano gli occhi sotto le lenti rotonde. Sarebbe stato invitato alla festa in occasione della partenza di Silvia a Godrich, ma non può allontanarsi.. Ci salutiamo cordialmente e lo lasciamo ai suoi pazienti. Continuiamo per Kabala sull’asfalto. Lì chiediamo informazioni per proseguire verso la Guinea e ci consigliano di proseguire per Ourekeba. La pista, invece, è molto disastrata, difficile ma molto tecnica. Se si sbaglia qualche passaggio si rischia di lasciare l’auto lì. Andrea gode di queste asperità, scomodità, difficoltà, le trova stimolanti come una sfida, mi dice, può esprimere ogni sua abilità nel fuoristrada e non si stanca. Io no, invece; dovessi guidare io in quelle condizioni, mi metterei le mani nei capelli e basta!

Martedì 17 febbraio: 15Km prima della frontiera- Faranah- Kankan.
Partiamo alle 8,20. Si è rotto un foglio nella balestra posteriore sin. e un altro in quella anteriore destra in seguito ai colpi subiti ieri nella pista. Frontiera, formalità, carichiamo dei militari che ci chiedono uno strappo. Arriviamo all’asfalto ma per timbrare i passaporti in entrata bisogna andare alla Sureté di Faranah. Così ci andiamo e loro ci accolgono molto gentilmente. Sosta dai meccanici per cambiare le lame delle balestre ( quelle di scorta le abbiamo con noi) più altre piccole riparazioni africane a base di colla, fil di ferro ecc.
Ne approfittiamo per telefonare a Damiano, che però, naturalmente, non è a casa; è rimasto a scuola per una partita di calcetto. Faranah è una bella città africana, senza turisti, del tutto tranquilla. Bell’asfalto fino a Kissidougou; poi a seguire asfalto rotto per i 190 Km che ci separano da Kankan, tanto da impiegarci ben 4 ore e mezza!
Notte a Kankan, hotel Baté (prezzo 55.000 FG compresa colazione). Ottima cena a base di capitaine! Nell’aria aleggia un gran fumo grigio, quasi certamente dovuto ai fuochi della brousse.

Mercoledì 18 febbraio: Kankan- Bougouni (Mali)
Ieri sera sono riuscita a trovare il pensatore in legno per la Tiziana al prezzo ottimo di 10,00 €+4000 FG. L’avrei preferito anche più grande, ma sembra che in città non ce ne siano proprio. Al mattino colazione scarsina senza neanche il limone nel thè. Cambio nero in hotel di 50 € per 127.500 FG. Facciamo un salto in centro: la città è molto tipica, poco urbanizzata, tutto in laterite. C’è un traffico quasi esclusivo di bici, motociclette, pedoni e animali; pochissime le auto. Grande brulicare di persone e commerci. Bellissimo ponte sul fiume Milo: fotografiamo da lì i cercatori d’oro che lo setacciano e tutti quelli che ci vanno per lavarsi e per lavare. Pieno di gasolio e sosta per piccoli acquisti alimentari.
Scopriamo una bottega di arte africana e naturalmente ci si ferma. Tante maschere, statue, una sedia bellissima sostenuta da una antilope stilizzata (sembra di vecchia manifattura, come la maggior parte degli oggetti presenti), serpenti, seggiolini. Il venditore parla poco e spara prezzi così bassi che ci sembrano improbabili. Naturalmente ne approfittiamo e compriamo una maschera Nimba e uno sgabello circolare, sostenuto da quattro figure umane, tutti due di vecchia manifattura, per la modica cifra di 50€ più
20.000 FG. Alle 10 partiamo sulla pista per Mandriana, però una volta lì, sbagliando, ci dirigiamo a sinistra su una bella pista, che però va a Nani. Ce ne accorgiamo solo dopo 25 Km. Allora indietro, di nuovo fino a Mandriana. Abbiamo perso un’ora. I doganieri di Mandriana ci avvertono che non si può attraversare il fiume dal momento che c’è troppa poca acqua per il traghetto. Dobbiamo deviare, tornando indietro per 25 Km oppure proseguire per 5 Km e arrivati ad un villaggio caricare l’auto su 2 piroghe senza motore e attraversare il fiume. Grosso dubbio circa la fattibilità e il rischio dell’operazione, ma i doganieri ci rassicurano. Infatti così è stato. Tuttavia non appena ci è comparso davanti questa sottospecie di traghetto abbiamo quasi urlato al piroghiere: “ma la nostra auto pesa più di due tonnellate!” e lui prontamente:” ma noi ne trasportiamo anche cinque!” Ripetiamo: “ ma è sicuro??!” Risposta: “ Facile come bere un bicchier d’acqua, Madame!”
Effettivamente in 2 minuti, senza oscillazioni di sorta, siamo sull’altra sponda, pagando solo 3000 F.CFA. Riflessione emersa: veramente in Africa si realizzano delle imprese che sembrano impossibili ovunque, mentre altre, che sono di routine in Europa, qui sono del tutto irrealizzabili. Nessuno capisce il perché ma è così! Proseguiamo sulla pista di brousse che ad un certo punto si mette su quella proveniente da Mandriana. Arriviamo finalmente a Niantanina, ove facciamo le formalità di uscita dalla Guinea. Grandi camion pieni di cotone con i Neri che ci si ollazzano dentro: chissà che bella sensazione! Dopo 35 Km c’è Yanfolila (Mali) Per 15 Km è ancora pista di brousse poi 20 Km prima di Yanfolila ci si immette in un mega-pistone proveniente da sud, ottimo per la guida veloce. A Yanfolila, la dogana ci rilascia il lasciapassare per l’auto al modico prezzo di 2500 FCFA. Arriviamo a Bougouni sull’asfalto verso le 19,30. Notte all’hotel Le Piemont; camera climatizzata e ventilata a 13.500 F.CFA. Ceniamo lì. Sappiamo che da lì fino a Ouagadougou sarà tutto bell’asfalto.


Giovedì 19 febbraio: Bougouni-Bobo Diulasso (Burkina Faso)
Al mattino andiamo alla polizia per timbrare i passaporti. Gasolio. Bell’asfalto per Sikasso. Breve sosta presso una cooperativa femminile che produce burro di karité. Pranziamo a Sikasso scoprendo che il telefonino funziona, in rooming internazionale e senza.
Messaggio a Damiano di telefonarci non appena arriva dalla nonna. Cos,ì dopo poco, ci chiama e ci dice :” Cattivi!” Si lamenta perché da tanto non ci sentiamo al telefono, ma come sarebbe stato possibile dal momento che non è quasi mai a casa? Dal tono della voce e dal dialogo un po’ scarno ci manifesta che gli manchiamo. Però chissà quanti festini avrà già organizzato in casa liberamente, nonostante il nostro secco divieto? Come troveremo la nostra amata casa? Tanti dubbi, ma con l’emozione di aver risentito il suo caro vocione. Nel pomeriggio visita al museo di Bobo. Notte all’hotel “Le Pacha”: grande cucina, servizio accogliente e gradevole.

Venerdì 20 febbraio: Bobo- Ouaga
Partiamo alle 9 da Bobo, bell’asfalto nuovo fino a Ouaga dove arriviamo alle 13. Alloggiamo all’hotel Ricardo che si affaccia sul bacino d’acqua artificiale che raccoglie tutte le acque della stagione delle piogge. Bella piscina e giardino alberato che ci fa sperare che ci esisterà anche un posticino per la nostra auto. La città ci da un’ottima impressione: è ordinata, pulita, scarso traffico e comunque esistono tutti i servizi, buona vivibilità decisamente. Insomma, rispetto a Dakar è un altro pianeta. Il clima è bello caldo
( 35°-38°), ma secco. Ogni tanto usiamo il climatizzatore in camera.
I due giorni che ci restano li dedichiamo per il relax e la ricerca di una soluzione per la nostra auto. Dobbiamo lasciarla qu,i ma non sappiamo ancora dove, né in che modo regolarizzeremo la permanenza del mezzo in Burkina. Ci informiamo all’ufficio della dogana e ci consigliano di far piombare l’auto, per evitare di dover rinnovare il permesso ogni mese. Dato che siamo in partenza per l’Italia e che non conosciamo nessuno di fiducia in questo Paese optiamo per la piombatura. Chiediamo cortesemente a Ricardo se ci lascia un posticino nel suo giardino per la nostra auto e alla fine ce l’accorda. Si occuperà anche di far piombare l’auto dai doganieri e di farla spiombare un po’ prima del nostro ritorno. Finalmente siamo tranquilli e ci godiamo gli ultimi giorni tra piacevoli passeggiate e bagni in piscina.
La sera di domenica 22 febbraio partiamo per l’Europa e passiamo dai 36° C di Ouaga ai –5° di Parigi. Quando arriviamo in Italia si capisce che è nevicato tanto e i giorni successivi nevicherà ancora di più… Come pare lontana la nostra cara Africa!