ALGERIA

1991 (giugno)
La prima volta di un viaggio tutto nostro nel Sahara (quello vero)
Partiamo con il nostro Suzukino Samurai alla volta di Genova per imbarcarci sulla mitica Habib, la nave di bandiera tunisina che ci accompagna fino aTunisi da dove partirà il nostro viaggio attraverso il Sahara algerino. Attraversiamo in diagonale tutta la Tunisia molto velocemente. Il giorno dopo il nostro arrivo a Tunisi siamo già al confine di Hazoua per entrare in Algeria. Alla frontiera sono necessarie alcune ore per espletare gli obblighi doganali poi finalmente ci si dirige verso El Oued attraverso un paesaggio sommerso da dune biancastre che spesso invadono l’asfalto della strada. Da El Oued andiamo a Touggourt, quindi a Ouargla poi a Ghardaia. Possiamo viaggiare solo poche ore al mattino presto e alla sera dopo le 18 perché il caldo è insopportabile. Addiritura è meglio viaggiare a finestrini chiusi per evitare che entri direttamente un vento secco e bollente.
Da Ghardaia andiamo a El Golea e da lì a Timimoun. Una sensazione strana ci accompagna per tutto il viaggio : quella di essere soli, cioè quella di essere gli unici occidentali a viaggiare in quel territorio in quel momento. Strano, eppure quella che abbiamo fatto è una strada importante, è asfaltata, unisce le oasi più importanti del paese.
In effetti non eravamo consapevoli del fatto che in quel momento si svolgevano le prime elezioni libere dal momento dell’indipendenza e che queste erano state vinte dal FIS e non legittimate dai governativi. Si è creato ad Algeri un clima di guerriglia e contemporaneamente le frontiere sono state chiuse agli occidentali. Il problema è che noi eravamo dentro ! Ancora inconsapevoli di ciò che stava accadendo abbiamo preso la via del ritorno ma proprio quando stavamo per uscire, siamo stati fermati dalla polizia con una scusa, ci hanno ritirato passaporti e pellicole fotografiche e ci hanno invitato ad entrare nella stanza di una caserma dove ci hanno rinchiusi senza dare spiegazioni . Lì siamo rimasti credo sei o sette ore, poi ci hanno rilasciati spiegando quello che stava avvenendo a livello politico in quel paese e dicendo che avevano il sospetto che fossimo delle spie o dei giornalisti e che avevano avuto la necessità di controllare che nelle pellicole non ci fossero soggetti che potessero compromettere l’immagine dell’Algeria in occidente.
Tanta paura ma finalmente eravamo liberi. Credo che fortunatamente nostro figlio non abbia vissuto in modo consapevole quei momenti. Quando eravamo rinchiusi ci ha chiesto se stavamo in quell’albergo ancora per molto ! Le foto che seguono testimoniano la totale nostra ignoranza di allora su come andrebbe preparato un mezzo per il deserto.