BURKINA-FASO, GHANA, TOGO, BENIN,
TOGO, GHANA, BURKINA-FASO

AGOSTO 2008

Diario di viaggio curato da Mariagrazia, che ringraziamo per la sua preziosa collaborazione
(Andrea e Paola)

Giovedì 31 luglio 2008

Ritrovo alle ore 4,45 a casa di Paola e Andrea. Autista per Bologna: Mauro. Carico delle valige:
- Andrea e Paola: 1 valigia grande, una piccola e un bagaglio a mano;
- Mariagrazia: 2 valige medie e un bagaglio a mano (zaino);
- Guido (il più esagerato): 3 valige grandi e due bagagli a mano.
Volo per Parigi regolare: partenza da Bologna alle ore 7,15 e arrivo alle ore 8,30. Il volo per Ouagadougou staziona per oltre un’ora sulla pista senza che siano spiegati i motivi. Finalmente partiamo. Pranzo a bordo ….. non male!! Scalo a Niamey (Niger) in una pianura completamente allagata. Sembrava di atterrare sull’acqua! Il Niger era uscito dal proprio alveo.

Arrivo a destinazione, non prima di scossoni nella tratta tra Niamey e Ouagadougou che provocano qualche problema ad Andrea e Paola. Incontro con Arouna e conoscenza del mitico TOYOTONE, che appare in perfetta forma!
Prima tappa: cambio del denaro ed istituzione della cassa comune. Decidiamo di cambiare € 400,00 a testa (per un totale di 1.600,00 euro), che corrispondono ad 1.040.000 CFA (un pacco consistente di soldi che faticano a rientrare nel portafogli!!!). Già dall’Italia era stato deciso che avrei dovuto essere io a gestire la cassa comune (vista la mia presunta dimestichezza al maneggio del denaro pubblico).
Seconda tappa: acquisto benzina e olio per la macchina (il toyotone ha le sue esigenze …)
Terza tappa: da Cristophe (amico di Paola e Andrea che gestisce un bad and breackfast) e qui scopriamo che ha a disposizione solo due stanze di cui una con letto matrimoniale ed una con due letti singoli. COMINCIAMO BENE!!!!! Prima ed ultima notte nella stessa stanza con Guido.
Quarta tappa: a casa di Arouna per prendere l’occorrente per il nostro viaggiane: in particolare la cassa di alluminio (denominata “cucina Scavolini”) dove mettere dentro i viveri per i pranzi al sacco.
E intanto si è fatta sera. E intanto ha cominciato a piovere, di una pioggia incredibilmente violenta, che trasforma le strade in fiumi. A cena tardissimo in un locale trandy. Giornata lunga …. lunghissima.

Venerdì 1° agosto 2008

Sveglia senza fretta. Colazione accogliente: faccio conoscenza del latte in polvere e non ne rimango entusiasta. Partenza per Po, a sud della città, verso il confine con il Ghana. Lungo il tragitto vediamo nuclei di “fattorie” compatte nel loro impianto e formate da alcune costruzioni di forma cilindrica ospitanti granai e magazzini e altre costruzioni di forma rettangolare che identificano le abitazioni. La strada si presenta in asfalto e in buone condizioni. Frontiera.
Entriamo in Ghana a Paga.
Visita al Palazzo di Paga Pio, di fatto una tradizionale fattoria (visita piuttosto deludente).

Sosta a Navrongo e breve visita alla cattedrale di Nostra Signora dei 7 Dolori. Riusciamo ad entrare dalla porta laterale e percepire le decorazioni lungo le pareti che, a causa della troppa poca luce, non riusciamo ad apprezzare (e fotografare).
Arrivo a Bolgatanga (detta anche Bolga), capitale della regione Superiore Orientale del Ghana. Hotel “Comme ci, comme ca”. Cameriere particolarmente lento. Telefonata alle 4 di mattina di Guido ad Andrea che, avendo spento il cellulare, si accorge della chiamata solo alle 7,30. Andrea lo ricontatta ….. Guido non risponde …. i pensieri si aggrovigliano …. poi alla fine mistero svelato: un super attacco di dissenteria aveva aggredito il dottore nella notte. La prima vittima era stata colpita!!!!

Sabato 2 agosto 2008

Ci dirigiamo verso l’altopiano di Tongo (Tongo Hills a sud est di Bolga), famoso per le formazioni rocciose arrotondate e molto suggestive. Saliamo, con il nostro impagabile Toyota ,
lungo una pista fino a poche centinaia di metri dal villaggio di Tengzug, dove troviamo una specie di “ufficio turistico” (non ne ritroveremo altri durante il viaggio) che per la somma complessiva di 26,00 CIDI (moneta del Ghana) ci mette a disposizione una guida che ci accompagna per una escursione a piedi molto piacevole passando per il villaggio di Tengzug e arrivando al santuario di Nana Tongo (crepa nella roccia nella parte più alta della montagna) dove vengono fatti riti e sacrifici propiziatori.
Molto interessante l’impianto urbanistico del villaggio, che assomiglia ad un labirinto fatto di case apparentemente ammassate a base circolare con copertura piana che ospita spesso granai ed essiccatoi. Gli spazi sono ridottissimi, le altezze modeste. Apparentemente tutto sembra fuori dal tempo, fuori da una presunta modernità; ma poi entriamo nella casa del capovillaggio, lo omaggiamo con i nostri inchini in segno di un rispetto difficile da spiegare, chiediamo di salire sulla copertura e ci accorgiamo che qui svettano pannelli solari e antenne paraboliche. Decisamente uno strano connubio. Facciamo il giro intorno al villaggio e ci ritroviamo nella zona degli altari, dei sacrifici, della socialità, del rito. Qui le forme, gli oggetti …. tutto come centinaia o addirittura migliaia di anni fa.

La nostra escursione prosegue e ci dirigiamo verso il santuario di Nana Tongo, ma non senza chiedere il doveroso permesso di poter visitare il posto sacro al principe del villaggio che, con la pelle di capra e il cellulare a tracolla, dietro il pagamento di qualche spicciolo, ci dà il permesso di inerpicarci per la montagna.
Lasciamo il villaggio, proseguiamo verso Zebilla, Bawku e qui deviamo a sud per Nakpanduri. Attraversiamo la frontiera ed entriamo in Togo da piste piuttosto difficoltose.
Si è fatta sera (l’ora inesorabile del buio è circa quella delle 18,30) e decidiamo di cercare velocemente un hotel per la notte. Grazie alle guide riusciamo a trovare un buon rifugio nella periferia di Dapaong (Hotel Le Campement). La cucina dei paesi francofoni è sicuramente più rassicurante!!

Domenica 3 agosto 2008

Ci dirigiamo di buon ora verso Nano, a sud di Dapaong per visitare la fortezza nella roccia. Lasciamo il Toyota nel pressi di una scuola e, accompagnati da un paio di guidi e da una manciata di bambini, ci accingiamo a salire per un sentiero piuttosto ripido che ci avvicina, dopo circa un’ora di cammino, ai piedi un salto di quota piuttosto impegnativo. Si tratta – infatti – di superare un dislivello di circa 10-12 metri salendo su alcuni tronchi appoggiati ad una parete rocciosa debitamente scolpiti a ricavare alcuni appoggi “strategici”. I bambini ci precedono con grande agilità e in un attimo li vediamo sopra di noi. Quando capiamo che non c’è alternativa, cominciamo ad arrampicarci e, con più o meno difficoltà (le mie gambe corte non mi hanno certo aiutato …) superiamo il dislivello. Ma le difficoltà non erano finite: ci aspettava un passaggio tra le rocce assolutamente non protetto rispetto ad un possibile scivolamento e caduta di diversi metri. Alla fine di questa breve ma molto intensa scalata ci siamo fatti i complimenti a vicenda; a chiunque decida di volere raggiungere la fortezza nella roccia, consigliamo di percorrere la strada che le nostre guide ci hanno indicato solo per la via del ritorno (l’avessimo saputo prima ….).
Al termine delle nostre scalate siamo arrivati al di sopra di una altipiano da cui si ammirava un panorama mozzafiato. Purtroppo, però ci ha raggiunto un solenne temporale che ha reso scivolose le rocce che calpestavamo e che non ci ha lasciato per tutta la visita e per il tragitto del ritorno, facendoci arrivare alla base completamente fradici di pioggia e di stanchezza. Attraverso alcune scalette in ferro, sotto un’acqua insistente, abbiamo finalmente raggiunto l’antica fortezza nella roccia. Nel XIX secolo l’impero Chokossi, sorto nella zona Sansannè-Mango, aveva imposto un sistema feudale su gran parte del Togo settentrionale. I moba, che vivevano sull’altopiano e nei dintorni, si opposero a tale dominio e costruirono dei ripari dove nascondere i propri beni e trovare rifugio quando arrivavano i soldati e gli esattori delle imposte chokossi. Ora rimangono i resti di un antico villaggio ormai disabitato e ricavato in una grande fenditura di roccia. Si possono riconoscere i resti dei granai in fango e paglia, gli spazi di preparazione dei cibi; sembra incredibile pensare che qualcuno abbia potuto abitare quegli spazi!
Prendendo atto che la pioggia non cessava, ci siamo incamminati per la discesa per una via meno difficoltosa, anche se più lunga. Una volta arrivati alla base, abbiamo approfittato dei banchi della scuola per ricoverarci ed improvvisare un frugale pranzo dopo esserci minimamente asciugati e cambiati.
Minimamente asciutti e rifocillati, abbiamo ripreso la jeep e via, verso la valle dei Tamberna.
Abbiamo ripreso la Strada n. 1 fino a Kandè e lì abbiamo deviato a sinistra imboccando una pista diretta a Boukoumbè (Benin) passando la frontiera nei pressi di Nadoba. La pista tra Kandè e Nadoba è disseminata di villaggi dell’etnia dei Tamberna, con caratteristiche costruzioni fortificate, tipiche di queste zone a confine tra il Togo ed il Benin.

Il tipico complesso di case dei Tamberna chiamate “tata” è formato da una serie di torri collegate tra di loro da uno spesso muro interrotto da un unico ambiente di ingresso, che serviva ad intrappolare il nemico per poi colpirlo con una pioggia di frecce. Questi straordinari edifici simili a fortezze contribuirono a scongiurare le invasioni delle tribù vicine e,alla fine del XIX secolo, anche dei coloni tedeschi. Come per le “tata somba” dei “Somba” nel vicino Benin, la vita quotidiana in una tata ruota intorno ad un’alta terrazza, costruita con tronchi ricoperti di argilla, dove gli abitanti della casa cucinano, fanno seccare i raccolti di mais e miglio e trascorrono buona parte del loro tempo. Abili costruttori, i Tamberna usano soltanto argilla, legno e paglia senza l’ausilio di alcun utensile. Le pareti degli edifici sono in banco, un misto di argilla cruda e paglia utilizzata come legante. Le torri, sormontate da pittoreschi tetti conici, vengono utilizzate come granai, mentre gli altri ambienti fungono da bagni, camere da letto e, durante la stagione delle piogge, anche da cucina. Gli animali vengono tenuti sotto la terrazza, al riparo dalla pioggia. Di fronte al recinto si trova talvolta un sacrario con un feticcio, oppure si possono notare teschi di animali appesi sulle pareti interne o sulla porta d’ingresso.
Arriviamo alla frontiera con il Benin che è ormai buio. Qualche problema con il doganiere togolese che “pretende” la mancia per alzare la sbarra e concederci il passaggio. Ci fermiamo per la notte nel villaggio di Koussoukoingou, in una ricostruzione di una tata somba. Purtoppo manca sia luce che acqua. Il custode ci mette a disposizione la cucina e ci arrangiamo con le confezioni pronte di riso Knorr. Andrea e Guido si rifugiano in una tata somba; io e Paola preferiamo un bungalow. Cielo stellato spettacolare.


Lunedì 4 agosto 2008

Percorriamo la strada verso Natitingou ed incontriamo diversi villaggi del popolo dei Betamaribè, comunemente chiamato Somba, concentrato a su-ovest di Natitingou. Le abitazioni di questa etnia sono situate in mezzo ai campi coltivati, anziché in veri e propri villaggi; perciò le loro fattorie sono sparse in tutta la campagna. Tale usanza riflette il fiero individualismo tipico dei Betamaribè, che li ha visti opporsi sia ai negrieri di Dahomey, sia alla diffusione dell’islam e del cristianesimo. La religione principale dei Betamaribè è l’animismo. Questa popolazione era nota in passato per la nudità e ha cominciato ad indossare abiti soltanto negli anni 70 del XX secolo, ma caccia tuttora utilizzando archi e frecce.
La caratteristica più interessante della cultura dei Betamaribè è costituita dalle dimora “tata somba”, capanne a pianta circolare a più piani, simili a fortini in miniatura con torretta d’argilla e guglie con tetti di paglia ,molto simili alle costruzioni dei vicini Tamberna (Togo). Il pianterreno della tata somba è anche qui quasi esclusivamente riservato al bestiame ed ai meccanismi di difesa. Una scala a pioli ricavati da un solo tronco sale sul terrazzo dove viene preparato il cibo e dove si trovano le camere da letto e di depositi per le granaglie. La superficie esterna delle capanne sembra graffita con disegni geometrici e gli stessi li notiamo sui visi di tutti i componenti delle tribù: ci spiegano che intorno ai tre anni i visi di tutti i bambini vengono incisi con lamette per imprimere loro un tatuaggio indelebile che identifica la loro appartenenza alla popolazione dei Betamaribè.

Percorriamo la strada verso Birni e, arrivati a Kataban, deviamo a destra su una pista e ci dirigiamo verso l’area che ospita diversi villaggi Taneka.
Conosciamo lo stregone del villaggio, un uomo fuori dal tempo.
L’impianto del villaggio è decisamente diverso rispetto ai quelli dei Somba e dei Betamaribè: le costruzioni sono spesso a base rettangolare con tetti in paglia (sostituiti da qualche anno con la lamiera che garantiscono una maggiore curabilità a discapito, però, dell’inserimento paesaggistico); esiste un tessuto connettivo tra le diverse costruzioni, fatto di piccole strade o sentieri; manca il concetto della fortificazione del villaggio e delle annesse strutture difensive.
Passiamo la notte a Djougou.


Martedì 5 agosto 2008

Mattinata di viaggio verso sud diretti ad Abomey, lungo le cui vie si affacciamo i palazzi ed i templi costruiti per i re di Dahomey. Troviamo alloggio per la notte in una ex struttura coloniale ristrutturata da francesi ed aperta di recente (Auberge Abomey ) che ci fa una buonissima impressione. Per le ore che restano di luce nel pomeriggio, cerchiamo di andare a visitare il Museo Storico d’Abomey, ricavato all’interno dei palazzi dei re di Dahomey.
Cerchiamo di studiare sulle guide la storia del Regno di Dahomey e scopriamo che questo museo è ubicato in due palazzi – uniche parti superstiti di quello che fu uno degli edifici più imponenti dell’Africa occidentale, con un perimetro di 4 km e pareti alte 10 metri che racchiudevano una superficie di 44 ettari in grado di ospitare 10.000 persone. Originariamente i palazzi erano 12, dal momento che ciascun sovrano ne fece costruire uno nuovo. L’ultimo sovrano di Dahomey, Béhanzin, incendiò il complesso mentre fuggiva davanti all’avanzata francese alla fine del XIX secolo. I bassorilievi che ornano l’esterno narrano la storia cruenta di Dahomey e sono uno dei principali motivi per cui l’intero complesso è stato classificato dell’Unesco come “Patrimonio dell’Umanità”.
La visita guidata dura circa un’ora e mezzo e ci viene proibiti di fare le foto,ma ognuno di noi cerca di “aggirarel’ostacolo”.

Mercoledì 6 agosto 2008

Ci avevano raccontato che il mercato di Abomey era famoso per il suo mercato dei feticci, ovvero bancarelle appositamente attrezzate nel vendere il necessario (erbe, parti di animali, scheletri, ….) per fabbricare unguenti, pozioni e intingoli di ogni genere. Durante la visita occorreva una certa “padronanza di stomaco”.

Dopo una sosta ad acquistare oggetti di antiquariato, riprendiamo il nostro viaggio verso sud, questa volta diretti a Porto-Novo, sul lago Nokoué, a 30 km dalla capitale Cotonou. Troviamo la sistemazione per la notte all’hotel Beaurivage. Porto-Novo è stata la capitale ufficiale del Benin sin dai tempi della colonia francese, instaurata dopo le guerre di resistenza che ebbero inizio nel 1890 proprio in questa città. I portoghesi le diedero il nome dal porto in cui organizzarono nel XVI secolo un centro per la tratta degli schiavi. Gli schiavi liberati e tornati dalle Americhe nell’antica patria, diedero impulso ad una cultura peculiare afrobrasiliana.


Giovedì 7 agosto 2008

Al mattino io e Paola decidiamo di visitare il museo etnografico, mentre Guido e Andrea vanno a zonzo per la città.

Nella seconda parte della mattina, attirati da una architettura coloniale di indubbia bellezza, ci disperdiamo qua e là per la città, mentre nell’ora di pranzo ci accordiamo con un piroghiere per farci fare un giro nella laguna fino al villaggio di Aguégué, costruito completamente su palafitte.

Verso le 15,00 ripartiamo con l’idea di passare la notte a Ouidah, passando (senza fermarci) per Cotonou. Arriviamo alla meta al tramonto e cerchiamo (piuttosto provati) un hotel sulla spiaggia (vicino alla Porta del non Ritorno). Troviamo “Le jardin bresilien. Auberge de la diaspora”, un posto letteralmente da sogno, in riva all’oceano e decidiamo di rimanere due notti di seguito. Abbiamo bisogno di “fermare i pensieri e le immagini”.

Venerdì 8 agosto 2008

Decidiamo di dedicarci alla visita di Ouidah, cittadina di circa 90.000 abitanti che, fino alla costruzione del molo di Cotonou nel 1908, era l’unico porto del paese; ha conosciuto il suo periodo di massimo splendore nell’Ottocento, quando gli schiavi provenienti dall’Africa Occidentale venivano imbarcati qui per le Americhe.

Sabato 9 agosto 2008

Piove e così decidiamo di passare la mattina al Museo storico, sperando che il meteo migliori.
Nel primo pomeriggio, gambe in spalla e si riparte! La nuova meta è Togoville. Salutiamo il Benin che ci ha decisamente affascinato! Notte a Agbodrafo (Hotel Safari – gestito da una signora svizzera). Montiamo sulla piroga (questa volta non a motore, ma a spinta di un “prestante” piroghiere)e attraversiamo il lago Togo sulle cui sponde si affaccia Togoville.

Domenica 10 agosto 2008

Cercando di baipassare Lomè, ci dirigiamo verso Kpalimè con l’intenzione di visitare una zona collinare posta tra Togo e Ghana chiamata Palteau de Danyi, ricca di bei paesaggi e di natura incontaminata. Ci facciamo accompagnare nella foresta e le guide ci raccontano le proprietà dei vari alberi, ne raccolgono i semi ci spiegano come ricavano i pigmenti per i vari colori, ci mostrano i frutti (alcuni dei quali per noi completamente sconosciuti). Troviamo ospitalità presso l’hotel “Chez Fanny” a Kpalimè.


Lunedì 11 agosto 2008


Ci avviciniamo alla frontiera con il Ghana, passando per paesaggi mozzafiato. I disbrighi delle frontiere e delle dogane sono sempre un’incognita, ma generalmente non sono state mai molto problematici e non abbiamo sprecato molto tempo.


Martedì 12 agosto 2008

Cascate di Wli (Ghana), le più alte e maestose dell’Africa Occidentale. Sono raggiungibili dopo una piacevole passeggiata nella foresta di circa un’oretta.

Arrivo alla missione dei Comboniani a Sagakofe all’ora di pranzo, dove ci aspetto un pranzo “ristrutturante”. Guido prende possesso della camera e scarica i numerosissimi bagagli dal Toyota. Facciamo un giro veloce per i principali fabbricati della missione (scuole, laboratori, padiglioni ospedalieri, ….), salutiamo il dentista e ci dirigiamo verso sud, con l’intenzione di avvicinarsi il più possibile a Cape Coast.
Rimaniamo tragicamente imbottigliati ad Accra, capitale del Ghana e città del tutto fuori controllo. Impieghiamo 2 ore per uscire da un ingorgo grande come la città e finalmente ci ritroviamo sulla costa lasciando la capitale alle nostre spalle. Cerchiamo un albergo e ci facciamo abbagliare da una grande “baraccone” gestito da cinesi. Un condensato di cattivo gusto in una veste afro-asiatica. Ma la ricettività turistica molto scarsa ci impone di accettare la sistemazione.


Mercoledì 13 agosto 2008

Arrivo e visita a Cape Coast, alla sua architettura coloniale e al suo forte dalla imponenza spettacolare

Il forte si trova in pieno centro ed affaccia sull’oceano. Costruito dagli olandesi nel 1637 ed ampliato dagli svedesi nel 1652, il forte cambiò proprietà per ben 5 volte nel 13 anni tumultuosi che seguirono finchè nel 1664 fu conquistato dagli inglesi. Durante i due secoli di occupazione britannica il forte ospitò il quartier generale dell’amministrazione coloniale finchè la capitale non fu trasferita ad Accra nel 1877. sottoposto ad un restauro di vasta portata, il bianco forte ora ospita un museo dedicato alla storia del Ghana ed alla tratta degli schiavi. Gli edifici del forte sono disposti intorno ad un cortile trapezoidale di fronte al mare.

E’ ormai tardo pomeriggio, ma decidiamo di visitare Elmina, a pochi chilometri da Cape Coast. Anche qui un forte imponente …. anche qui bella architettura che avrebbe un gran bisogno di manutenzione …. un bel porto che brulica di vita.


Giovedì 14 agosto 2008

Giornata tutta dedicata al viaggio verso nord, attraversando tutto il Ghana. Sosta per la notte a Lawra in un unico punto di accoglienza che questa volta è davvero scarso.


Venerdì 15 agosto 2008

Visitiamo la moschea in stile sudanese di Lawra e poi ripartiamo diretti verso la frontiera con il Burkina Faso. Arriviamo verso sera a Bobo Diolasso.


Sabato 16 agosto 2008

I vari monumenti d’Africa sono gli alberi, non c’è dubbio!!! In mattinata passeggiata in una riserva a pochi chilometri da Bobo e partenza per Ouagadougou.


Domenica 17 agosto 2008

Arrivo a Ouaga nel primo pomeriggio. Ritrovo con Arouna per consegnargli il prezioso Toyotone che ancora una volta è stato all’altezza della situazione.
Volo alle 20,15. Ahimè … tutto è finito …. o quasi ….